La motivazione più valida per allestire un giardino a casa nei luoghi pubblici o privati compresi quelli di cura dove conservare o raggiungere il benessere la si evince sia delle discipline scientifiche quali la medicina in senso ampio sia da quelle umanistiche come la filosofia l’antropologia e la religione.

Questo secondo aspetto è più comprensibile, quasi intuitivo, perché deriva dall’esperienza personale, dal nostro vissuto di ricordi, di sogni ,di simboli impressi nella nostra memoria.Nella nostra mente il giardino armonizza il corpo e la mente perché evoca l’appagamento totale attraverso i simboli e le metafore legate al valore positivo per eccellenza: il Paradiso Perduto, la bellezza la pace, il misterioso a vicenda avvicendarsi della vita della morte della natura.

Il razionale scientifico del potere terapeutico del giardino si basa sull’assunto che le competenze medico-scientifiche curano prevalentemente i sintomi che il corpo accusa, mentre la natura  cura corpo e mente. Riunisce ciò che la scienza pura ha separato.

 I Monaci avevano intuito che la salute viene dalle piante, per mezzo dei frutti genuini della terra, di cui si alimentavano, e tramite le erbe officinali, che utilizzavano come rimedi per curare le malattie.Dunque essi avevano capito, fin dall’anno 1000, che il giardino fornisce quanto occorre per vivere: l’armamentario terapeutico per ristabilire la salute del corpo. Ma la cosa più sorprendente è che avevano intuito che il giardino non aveva solo finalità mediche ed economiche, ma anche spirituali. Infatti i giardini dei monasteri servivano alla nutrizione dell’anima e alla crescita spirituale. Essi inoltre avevano percepito che la loro missione consisteva nel curare il malato non solo nel corpo ma anche nello spirito, concetto che dal Seicento in poi è andato perdendosi, con l’inizio di una medicina meccanicistica che progressivamente ha separato la cura del corpo da quella della mente ma la vera medicina si basa su una visione olistica della cura: mente e corpo sono fusi insieme, sono la PERSONA.La loro scissione in due parti separate non è CURA.

 La salute non è solo assenza di malattia, ma benessere complessivo, interazione con l’ambiente che è la casa dell’uomo, e parte dell’uomo, ne è il nutrimento dell’anima  e della mente, di quella mente in grado di togliere restituire la salute e il benessere.

Vi sono studi clinici sperimentali veri e propri che hanno dimostrato  un significativo miglioramento della qualità della vita dei pazienti ospedalizzati, perché il giardino e la natura nel suo insieme stampano lo stress, permettono ai degenti di fare del movimento all’aria aperta, migliorano il supporto e la comunicazione tra i malati stessi, i familiari, e lo staff sanitario.

 Interessante a questo proposito e’uno studio di R.S.Ulrich pubblicato su Science nel 1984 (View through a window may influence recovery from surgery 1984,224:42-421).

 I malati i  procinto di essere sottoposti a intervento di colecistectomia, sono stati collocati in modo casuale in stanze con vista sul giardino o in stanze con vista sul muro di mattoni. Nei pazienti con vista sul verde sono stati documentati un risparmio nel consumo di antidolorifici, una riduzione della degenza post-operatoria, un minor bisogno di assistenza da parte del personale infermieristico e una riduzione delle complicanze post operatorie.

Un’area verde diventa di vitale importanza per l’Hospice, una struttura nata per accogliere persone malate, che hanno compiuto tutto l’iter terapeutico previsto per le patologie da cui sono affette, senza riportarne beneficio. Persone, cioè, che stanno per intraprendere quel viaggio complesso, intimo e misterioso che  è la separazione dalla vita. Tutto in Hospice deve avere un aspetto familiare: dalla struttura, ai materiali usati per gli interni, agli arredi ,alle luci, ai colori e, soprattutto, il giardino. Il giardino di casa contiene l’essenza i materiali del luogo, ospita gli animali del luogo e profuma del luogo dove è collocato.

Tutto in questo giardino deve acquistare un valore simbolico ed evocativo, che conforti, tranquillizzi, offre il sostegno emotivo della parvenza familiare: dal disegno stesso, alle piante, agli elementi artistici, all’acqua.

Deve contenere stanze verdi, magari sotto un pergolato un gazebo, dove malati e familiari possono godersi la loro intimità, meditare, contemplare, pregare. Sono necessari percorsi dove accompagnare in carrozzina nelle ore tiepide il proprio caro, tra arbusti colorati suoni d’acqua, ombre riposanti, magari di un robusto ulivo, sotto cui sostare. Questi erano gli obiettivi che ci eravamo posti anni fa, quando il progetto Holspice era ancora sulla carta e quello del giardino solo nei sogni degli operatori e dei volontari di VITAS.

Ora, che li abbiamo raggiunti entrambi, mi piace pensare che presto, appena le temperature lo consentiranno, vedrò i nostri malati loro familiari soggiornare nel verde per più ore al giorno, insieme agli operatori volontari, con le forbici mano rimuovere i fiori secchi aggiungere fiori stagionali, per rilassarsi riprendere fiato, fare due chiacchere, scambiarsi un sorriso.

Questo giardino avrà un nome Il giardino di Luisa . Si chiamava così già prima che nascesse, quando ancora faceva parte delle nostre progettuali fantasie.Luisa è stata molto di più di una paziente: è stata per me soprattutto un’amica carissima, forte, discreta, illuminata. Possedeva un’intelligenza profonda, raffinata e gentile che la malattia aveva ulteriormente rafforzato. Nei nostri lunghi colloqui sul nascere il morire, fu lei la prima parlarmi dell’importanza del verde, per chi è sano ma soprattutto per chi ha bisogno di cure. Il primo abbozzo di giardino terapeutico l’abbiamo disegnato insieme, con la forza delle idee della passione, più che con quella del tecnico e del progettista.

Luisa è mancata molti anni fa ma io le avevo fatto una promessa. Ed ora che è stata mantenuta ne sono orgogliosa: perché lei non tollerava le persone incoerenti, ma soprattutto perché di questa nostra idea, divenuta realtà potranno godere e gioire ritrovare il sorriso, per gli anni avvenire, tanti nostri fratelli tanti, tanti compagni di questa avventura, meravigliosamente solenne nella sua finitezza, che è la vita.

Daniela Degiovanni maggio 2011